Vi voglio parlare di promozione turistica del territorio e lo faccio partendo dai tuberi e dalle mani sporche di terra. Voi penserete che è un modo bizzarro di iniziare il racconto di un progetto di marketing territoriale e non vi dò torto. Anche io, ospite qualche sera fa di #CasaAltoAdige a Milano, mi sono domandata sulle prime perché sullo schermo dell’accogliente salotto di questa dimora altoatesina nel cuore della movida meneghina stesse passando un video che raccontava la storia di un giovane contadino testardo, dei suoi tuberi inconsueti e del suo orto insolente. Più avanti nel corso della serata quei tuberi li ho anche toccati, annusati e assaggiati, in un tripudio di profumi e sapori orchestrato per noi blogger e giornalisti lì presenti dalle mani generose e capaci di un cuoco stellato.
Ma andiamo con ordine e torniamo alla domanda iniziale: quale è la connessione tra tuberi, terra, contadini e promozione turistica del territorio? La risposta, che arriva da Alto Adige/Südtirol, è: lo storytelling. Sì, lo storytelling, o meglio, l’arte di raccontare le storie. Storie non necessariamente di sci o di vette o di alberghi di legno con rilassanti aree wellness, ma storie di vita vissuta. Perché sì, certo, lo sappiamo tutti che in Alto Adige è bello sciare, passeggiare tra i monti e scalare le alte vette, così come tutti conosciamo la proverbiale accoglienza alberghiera altoatesina, ma quello che le #storiedavivere ci vogliono raccontare, nelle intenzioni di chi ha pensato a questo progetto di marketing territoriale, è la vita speciale di chi in quel territorio vive, incarnandone l’essenza, con un occhio alla tradizione e piedi e mani immersi nella modernità. Persone in carne e ossa, che, con le loro storie ordinarie ma al tempo straordinarie, comunicano la sintonia con la terra che abitano e rendono quell’Alto Adige di tanta decantata bellezza alpina, un posto ‘simpatico’, da conoscere al di là degli aspetti già noti, quelli da classica brochure pubblicitaria.
Accanto alle storie personali, #storiedavivere raccoglie anche racconti su prodotti tipici, piccole realtà produttive, riti locali, come quello dell’Hugo, l’avversario dello Sprtiz. Ecco, per esempio, se non sapete cos’è l’Hugo, andate a scoprirlo sul sito e magari ad assaggiarlo a Bolzano e dintorni. Perché la cucina, i vini e le storie sono belli sì da raccontare e ascoltare, ma viverli è anche meglio!
IL PROGETTO: #storiedavivere è il nuovo sito di Alto Adige/Südtirol in cui trovare storie, racconti, stralci di vita. E ispirazione, tanta.
Ogni tre mesi Storie Da Vivere propone nuovi temi e volti. Il primo tema è Tradition reloaded, cioè la tradizione rivista in chiave moderna.
Il sito è on line dal 3 marzo 2014 ed è tutto da conoscere ed esplorare.
STORYTELLING: parola finita, non a torto, nella classifica delle parole più insopportabili nel campo dei social media redatta sul sito di Vanity Fair da Barbara Sgarzi, giornalista, blogger, formatrice, ma soprattutto gran conoscitrice della rete con i suoi vizi, i suoi tic e le sue virtù. Insopportabile per la natura prezzemolina che il termine ha assunto in rete. Nel caso del progetto #storiedavivere, lo storytelling come “arte di raccontare storie, stimolando l’interazione fra chi racconta e chi ascolta” (citando qui la definizione che ne dà Barbara su Vanity) ci sta come il cacio sui maccheroni. Qui il concetto di storytelling rende bene l’idea della promozione del territorio che emerge nel racconto, per immagini e parole, di chi in quel territorio vive storie di quotidiana e ordinaria straordinarietà. E allora: che racconto di storie sia!
Tutte le foto provengono dal sito Storie da Vivere